Quando usate le mani, usatele per stringere altre mani…

Ho finito le medie nell’87, durante gli esami di 3^ mi fecero una domanda che non scorderò mai: continui a studiare?
Io risposi di no con il nodo alla gola perché avevo paura, paura di quel NO che segnava la mia vita, perché non era una mia scelta.
Ero troppo timida per continuare a studiare, mi dissero, meglio così perché sei troppo chiusa e non riusciresti ad affrontare un tale cambiamento, mi dissero.

Il professore di musica mi fece la domanda d’esame, ero preparatissima, partii come un caccia. Nemmeno a metà della mia risposta, sulla storia di Vivaldi, mi ferma. Va bene, può bastare, tanto non continuerai a studiare, la facciamo facile. Disse. Ma io volevo rispondere, caspita se volevo rispondere! Ero preparata e, per la prima volta, da sola davanti ai professori, ero anche a mio agio, non dovevo sentire risatine e prese in giro alle mie spalle da parte dei soliti ragazzini ignoranti (nel senso che ignoravano, forse, il male che mi stavano facendo e che avrebbe condizionato la mia vita per parecchi anni) che hanno reso i tre anni delle medie un vero inferno!; no!, agli esami di 3^ media ero io e basta e ho capito che ero in gamba, che potevo farcela, non ero chiusa, ero solo stata riempita di bugie.

Brutta, mi dicevano, e poi mi toccavano come se fosse un loro diritto. E io sparivo, e pensavo di odiare la scuola. In realtà non era lo studio che odiavo, ma i ragazzi della mia età. Piangevo ogni giorno e non mangiavo, non sono riuscita a reagire, e non ne ho mai parlato con nessuno.
Mi hanno fatto credere che non fossi capace, mi hanno fatto credere che il mondo fosse pericoloso, che tutti mi avrebbero presa in giro, come se lo meritassi in qualche modo.

Come se il mio viso fosse solo da considerare brutto, come se il mio corpo potesse essere solo violato. Come se fosse l’unica verità, l’unica realtà. Invece era solo un periodo di merda che in qualche modo sarebbe passato, stava a me decidere come farlo passare.

Non sono stata molto brava e l’ho trasformato in una ferita. Non posso più tornare indietro per far vedere a quella ragazzina di 14 anni che il suo viso non ha niente che non va, che nessuno per forza le deve mettere le mani addosso e che studiare è qualcosa che le riesce davvero bene. No, non posso tornare indietro e consigliarle di parlarne con qualcuno, quella ragazza non c’è più, è morta come voleva.

Ma oggi voglio provare a farle un massaggio cardiaco, una respirazione, usare il defibrillatore se necessario! Perché quella ragazza, con i brufoli e i denti storti, che scriveva poesie e storie assurde a me piaceva davvero tanto!, e deve vivere.

Sarà anche facile scrivere post fighi su FB, dare consigli spesso non desiderati facendo i guru della situazione, ma oggi voglio portare la mia esperienza, il mio vissuto, non per dare suggerimenti indesiderati ma per mettermi a servizio delle parole che creano.

Ciò che sento di dover dire è: non credete a tutto quello che vi viene detto, nel bene e nel male. Prendetevi cura del pensiero non conforme, alimentatelo.

Chiedete aiuto e parlate. Prima di dire qualsiasi cosa, pensate a cosa creano le vostre parole, se non creano niente o creano disagio e sofferenza, pensateci bene prima di farle uscire.

Quando usate le mani, usatele per stringere altre mani, per dare conforto, per creare qualcosa di bello, per favore.

Grazie

Enrica

Scopri il mio libro: “Tu mi hai salvato la vita”

Scopri il mio libro

ENRICA ZERBIN nasce il 1 ottobre del 1973 a Adria (Rovigo) tra campagna, mare e il delta del fiume Po. Figlia di pescatori e agricoltori i quali le hanno insegnato il rispetto per la natura, i suoi cicli e, contemporaneamente , il rispetto verso le persone.
Nel dicembre del 2015 esordisce col suo primo romanzo: Tu mi hai salvato la Vita, edito da Cinquemarzo: una storia sull’importanza degli avi e la saggezza degli anziani, dell’amore nato in circostanze impensabili, ma soprattutto una narrazione capace di sensibilizzare sull’importanza della donazione del midollo.
Tra il 2016 e 2017 vince alcuni piccoli concorsi letterari con i racconti brevi: Mister Green Hat, I racconti del Fiume e ll Signor Senza Nome, storie sul cambiamento e sull’incontro col proprio Sé. Ricercatrice e studiosa del mito greco e norreno, della simbologia di varie culture, degli archetipi, del femminile sacro e della Grande Dea fino allo sciamanesimo.
Si interessa ai tarocchi e alle rune come strumento di indagine interiore.
Femminista attiva sulle pari opportunità, e sulla sensibilizzazione necessaria al problema della violenza.
Con questo intento ha scritto un importante articolo per l’associazione UDI di Ferrara intervistando una donna Nigeriana, per raccontare l’orrore del suo viaggio; dalla Nigeria, lungo il deserto del Ciad, l’orrore libico fino al suo arrivo in Sicilia.
A breve uscirà la sua seconda opera: “La Danza Del Seme Selvaggio”, avventurosa storia di due donne in viaggio tra boschi di montagna, con la sola guida di una mappa disegnata da una vecchia strega.
Nelle sue opere al femminile, sottolinea l’importanza del viaggio, che sia mistico o fisico per superare i limiti imposti da società e credenze sbagliate a cui la donna ha dovuto sottostare per secoli.
“Le storie sono ovunque. Il vento, poi, le soffia nei pensieri. Vorrei librarmi in volo per afferrarle e poterle raccontare.”

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