Le Ninfee delle Emozioni

Gnomi, folletti e fatine fanno parte dell’immaginario collettivo ormai da secoli.
Poi, questi personaggi chiamati Elementali perché associati ai 4 elementi, furono relegati alla funzione di personaggi di fantasia nelle favole per bambini.

Non che sia stato un male, tuttavia, con l’età adulta, si è persa questa credenza quasi del tutto.
Anzi è bene non parlarne con troppa enfasi per non essere ridicolizzato o creduto folle.

Dunque, il mio intento è quello di risvegliare nella memoria di chi legge una narrazione antica, quasi dimenticata, ma ancora presente nelle immagini archetipiche che accompagnano i sogni ad occhi chiusi e ad occhi aperti.

In realtà, nelle storie antiche irlandesi e scozzesi, le fate avevano ben poche connotazioni da gentil spiritello della selva, perché avevano una utilità molto pratica.
Parliamo delle Banshee, per esempio; il nome deriva dal gaelico beandonna e sidhe-popolo fatato. In poche parole “donna delle fate”.
Questi spiriti femminili proteggevano intere dinastie e, quando la morte sopraggiungeva per un componente della famiglia, si narrava che ne annunciassero la morte piangendo o urlando.
Non per spaventare il malcapitato o la malcapitata ma per permettere alla persona di prepararsi alla morte con onore e decoro.
O magari per dare il tempo d’istruire i famigliari, dare loro disposizioni e probabilmente per offrire la possibilità di esprimere l’ultimo desiderio.

Non era un compito molto simpatico per le Banshee ma senza dubbio di grande stima, visto che la morte fa parte della vita. Le casate che vantavano la propria Donna delle Fate non erano molte, e si presume fosse una prerogativa di famiglie che avessero nella loro genia una vocazione molto importante, eroica e di prestigio.

Il loro elemento era l’Acqua, e possedevano le memorie ancestrali e la conoscenza sublime delle emozioni.
Legate allo stesso elemento ma con un ruolo diverso c’erano le Ninfe, dee della religione greca, le quali rappresentavano un triplice valore, una sorta di ripartizione che fece già Omero ma anche poeti ancor più antichi, che le suddivisero in Ninfe terrestri, Ninfe acquatiche e Ninfe celesti. Comunque, tutte, avevano un forte legame con l’elemento Acqua.

Le Ninfe erano elementali come le fate ma più collegate alla natura, il loro compito era agevolare i corsi d’acqua e far nascere nuove sorgenti, proteggere gli alberi e le montagne, favorire la fioritura e la maturazione dei frutti.
Venivano considerate pure, immacolate, eppure s’innamoravano e si accoppiavano con mortali e Dei senza distinzione.

La loro purezza non derivava dalla castità ma dalla loro spontaneità, priva di malizia o calcolo. Candidamente seguivano il loro cuore senza pensare al vantaggio o allo svantaggio.
Semplicemente conoscevano la forza del meravigliarsi davanti alla bellezza di un fiore e di un sentimento, senza distinzione.

Le Ninfe erano personificazioni della creatività femminile nella sua espressione più autentica.

Enrica

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ENRICA ZERBIN, nata e cresciuta tra campagna, fiume e mare, dove ha scoperto la magia dei cicli lunari e appreso l’uso delle erbe medicamentose delle campagne, insieme agli antichi rituali legati alla Dea e agli elementi; eredità delle sue antenate.
Ricercatrice e studiosa di miti e leggende (con particolare interesse per l’antica saggezza nordica), della simbologia di varie culture, degli archetipi, del Sacro Femminile e della Grande Dea fino allo sciamanesimo.
Iniziata alle Rune tramite l’Elemento Acqua; aiuta con questo importante strumento a svolgere un profondo lavoro di lettura dell’ombra e delle memorie nascoste.

Nel dicembre del 2015 esordisce col suo primo romanzo, Tu Mi Hai Salvato La Vita, edito da Cinquemarzo: una storia sull’importanza degli avi e la saggezza degli anziani, dell’amore nato in circostanze impensabili e bizzarre sincronicità.
Nel 2019 esce il suo secondo libro, La Danza Del Seme Selvaggio, rocambolesco viaggio di due donne non più giovanissime che si trovano, loro malgrado, a dover stravolgere la loro vita e a lasciare la famigerata zona comfort.
Un iniziale dramma si trasforma, per Anthea e Miriam, in una straordinaria avventura tra i sentieri alpini, con la sola guida di una mappa disegnata da una misteriosa vecchia guaritrice.

Nelle sue opere al femminile, sottolinea l’importanza del viaggio, che sia mistico o fisico, per superare i limiti imposti da società e credenze sbagliate a cui la donna ha dovuto sottostare per secoli.

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