Koan e Wato – L’illuminazione improvvisa

Scrivere di Kongan e Hwadu (corrispondenti termini in coreano dei giapponesi Koan e Wato e dei cinesi Gong’an e Huadou) è operazione non semplice.

In primis perché utilizzare parole e frasi, per descrivere le caratteristiche di quella che è a tutti gli effetti una pratica religiosa, che va al di la di pensieri e frasi, è di per se riduttivo.

Ma come per tutte le attività spirituali Ch’an (Zen o Son), il punto di partenza rimane l’intelletto e lo studio concettuale dei fenomeni: la nostra scuola non ha nulla di metafisico.

In secundis perché credo che questa pratica sia stata spesso oggetto di banalizzazione, soprattutto in occidente, definendo i quesiti “illogici e paradossali”, e allontanando il lettore dalla realtà dello scopo ed utilizzo originario.

Al di la della definizione in letteratura, quello che mi ha sempre sorpreso è l’utilizzo del Kongan e dello Hwadu, da parte di alcuni insegnanti di Dharma occidentali, con riferimento ad allievi e studenti che si sono appena approcciati alla pratica e che non manifestano quella “sete” concreta di Dharma ed “illuminazione”, che deve essere presente, per forza, nel “coltivatore” del quesito.

Sono grandi “balle” quelle che ci vengono dette quando, per la prima volta, approcciamo la meditazione Zen, ovvero che non dobbiamo aspettarci “nulla”, che non dobbiamo desiderare “nulla”.

All’inizio solo una “sete”, incredibile e sincera, nel Dharma e nello Zen, una “sete” di cessazione della sofferenza, di raggiungimento dell’”illuminazione”, può consentirci di ricevere e gestire con successo il quesito.

La liberazione dal desiderio e dalle aspettative avverrà successivamente, probabilmente per pochi, pochissimi, praticanti il quesito.

Ma facciamo un passo indietro:

Cosa sono i quesiti?
Dove sono nati?
Chi li pratica?
Quale differenza tra Kongan (Koan) e Hwadu (Wato)?
A cosa servono?
Quali sono i fattori per risolverli?

Diamo una risposta…

Cosa sono i quesiti? (Kongan/Koan/Gong’an)? Dove sono nati?

Sono un mezzo di trasmissione degli insegnamenti Ch’an (lo Zen originario e “puro”) nato in Cina intorno al 900 dopo cristo e sviluppato poi all’interno della scuola Son coreana (la mia scuola) e all’interno della scuola giapponese Rinzai (discendente dalla cinese Lin Chi).

La tradizione occidentale ha definito i quesiti come paradossali e da risolvere in modo intuitivo, non servendendosi del discorso logico e razionale.

Il mio punto di vista è un po’ diverso e preferisco definire questo strumento in maniera differente: il Ch’an (Zen/Son) ha una visione intuitiva della realtà ultima dei fenomeni e ritiene che ognuno di noi sia dotato della cosiddetta “natura di Buddha”.

E’ attraverso di essa che si dovrebbe manifestare l’intuizione della realtà ultima universale, avente base filosofica in concetti filosofici ben precisi, abbandonando illusioni e attaccamenti e, in definitiva, la sofferenza da essi causati.

I concetti filosofici sono paragonabili ad una “mappa stradale” di un viaggio e non al viaggio stesso, così come i quesiti sono, a mio parere, uno strumento per varcare le barriere che ci separano dalla cessazione della sofferenza e dall’illuminazione.

Per varcare queste barriere abbiamo necessità di abbandonare i pensieri pre-costituiti, spesso inconsci, frutto della nostra vita sociale, dell’imposizione di un pensiero unico ed omologato, condiviso dalle masse in tanti campi e settori del vivere attuale.

I quesiti originari erano oltre 1700 ma attualmente se ne usano circa 600.

Il testo antologico più conosciuto ed uno dei più importanti è il “Wumenguan”, scritto dal monaco cinese Wumen intorno al 1200, contenente 48 Kongan.

I primi due sono quelli più importanti e speculari dei restanti 46, ed in particolare il primo:
“Anche un cane ha la natura di Buddha, maestro Zhaozhou? Zhaozhou rispose: no”
contribui’ al nome di Wumen stesso che è traducibile come “La porta del “no” o “La porta senza porta”.

Chi li pratica?

Come già scritto l’origine di questo strumento di pratica risale al periodo del Ch’an cinese, intorno all’anno 1000 e probabilmente tale pratica fu eredità di antiche pratiche religiose e filosofiche indiane, sufi od ebraiche.

Sono stati per secoli strumento di pratica fondamentale, oltre che per la scuola Ch’an, anche per la scuola giapponese Rinzai e la coreana Son e in parte la vietnamita Thien, ovvero le scuole che più di altre hanno mantenuto come obiettivo la cosiddetta “illuminazione improvvisa”.

In Giappone anche la moderna scuola Sanbokyodan (non presente in Italia) ne fa uso, in connubio con un originale sincretismo con le pratiche della scuola cinese della “Terra Pura”.

La scuola giapponese Soto (la più diffusa in Italia) ha usato i Koan ma in modo molto meno marcato rispetto alla Rinzai, dando anche meno rilevanza alla coltivazione dell’intuizione e dell’illuminazione improvvisa, rispetto alla pratica silente e graduale della meditazione seduta “Shikantaza”.

I quesiti vengono in genere praticati dai monaci e dagli studenti nei monasteri Zen: ogni monaco o studente giornalmente visita il maestro, ed espone la propria risoluzione del quesito ricevuto.

Quest’ultimo osserva il grado di maturità spirituale dell’allievo, in base alla risposta giornaliera fornita: in genere occorre risolvere cinque gradi di difficoltà di Koan per ottenere il riconoscimento della piena illuminazione e la possibilità di insegnare agli altri, ricevendo “il sigillo della trasmissione del Dharma”.

Quale differenza tra Kongan (Koan) e Hwadu (Wato)?

Nella scuola Son coreana non parliamo ormai quasi più di Kongan ma solo di Hwadu.

Perchè? Cosa è lo Hwadu?

Se con il termine Kongan intendiamo l’intero quesito espresso in linguaggio testuale e scrittura, è pur vero che è solo l’elemento cardine, definito Hwadu (Wato in giapponese), che ci permette di varcare la “barriera”, di entrare attraverso “la porta”.

Nel Koan più famoso, sopra riportato, lo Hwadu è la risposta del maestro, ovvero “no”.

E’ su questo che dobbiamo concentrarci e avviare l’intuizione decisiva, che ci permette di risolvere il Koan stesso!

Lo Hwadu è come la maniglia della porta, ma di una porta che non esiste, invisibile non appena varcata!

E’ al tempo stesso la risposta e il fattore che fa “cadere” il Koan!

Servono buone mani per afferrarlo!

A cosa servono?

Il quesito serve a “rispolverare” la nostra mente coperta di “polvere”, a passare attraverso le “barriere” dei preconcetti, del pensiero condizionato, dualistico, e delle emozioni condizionate.

Per passare tali “barriere” lo studente deve aver già avuto profonda conoscenza di quella che è la visione reale dei fenomeni, deve quindi aver studiato e appreso la concezione della vacuità, dell’impermanenza, della natura di Buddha, dell’assenza di un se, della non dualità e naturalmente della sofferenza e della cessazione della sofferenza.

Non mi pare poco per un “principiante” del Dharma: come si fa a dare a un praticante ancora acerbo, o con una motivazione non eccelsa, un “koan” da “studiare”?

Non si fa altro che allontanare dal Dharma, prima o poi, un altro praticante!

Un altro scopo del quesito è quello di impedire al praticante di ritornare alla coscienza dell’uomo comune e, quindi, alla sofferenza: la coltivazione continua, a volte per un’intera vita, ci permette di vegliare e tenere desta l’attenzione alla realtà delle cose, abbandonando le illusioni.

Riportare il Koan al centro della coscienza, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, permette al praticante di rendersi conto che la “coltivazione” della mente è possibile.

La cessazione della sofferenza e l’illuminazione giacciono proprio in questa “coltivazione”: una “coltivazione” che è più un rimuovere che un aggiungere, un ritrovare la nostra vera natura, la natura dell’Illuminato.

Il praticante tratta inoltre il quesito ma allo stesso tempo è concentrato e vigile sulle attività che sta compiendo: un allenamento continuo e costante, continuando a fare le cose quotidiane della vita.

Il Nirvana emerge dal Samsara e al Samsara ritorna, e viceversa!

Quali sono i fattori per risolverli?

Innanzitutto la fede nella pratica spirituale, ma non solo.

Lo studente infatti deve essere in grado di far emergere e sostenere il dubbio, che dovrebbe sorgere con la “coltivazione“ del quesito.

Il dubbio genera una mente limpida, pura, rigenerata: capite anche come l’aspetto sociale, cosi trascurato dai Buddhisti, di ogni tempo, rivesta un ruolo essenziale nell’ambito di questa pratica?

In termini concreti: quanti sono disposti a spegnere i preconcetti e l’omologazione di massa delle società moderne, il dualismo, il bene e il male, il brutto e il bello?

Un altro fattore è che i quesiti non vanno letti con modalità di comprensione tipiche della letteratura e dell’intelletto in genere: è all’intuizione “illuminata” che dobbiamo appoggiarci!

Il significato del quesito non sta nella superficie delle parole ma nelle relazioni che vivono al di sotto di esse, tra chi pone la domanda e chi risponde.

Che volto avevi prima che i tuoi genitori nascessero?

Hae Myong

Hae Myong
Inizia a studiare da autodidatta il Taoismo cinese nel 2004 e presto si avvicina allo studio della cultura zen e buddhista.
Nel 2006 inizia a praticare presso l’Associazione “Bodhidharma” di Lerici del monaco buddhista Tae Hye Sunim, di ordinazione coreana e birmana, una sorta di pratica che accoglie aspetti della tradizione Theravada e della tradizione Mahayana del Buddhismo.

Per alcuni anni guida anche le pratiche del gruppo genovese di tale comunita’ religiosa presso i locali dell’Associazione “UnSoloCielo” in via San Lorenzo a Genova.

Nel 2009 riceve a Seoul dal monaco Tae Hye Sunim i cinque precetti Buddhisti e assume il nome di Dharma di Mu Mun.

Nel 2009 risiede per alcune settimane in Corea presso i principali templi dell’Ordine Jogye. Nel 2010 e 2012 visita alcuni templi in Thailandia.

Nel 2014 inizia a studiare presso l’Institute for Buddhist Studies USA (IBS) dell’Ordine coreano zen Taego-jong affiliato con Dong Bang College of Korea.

Nel 2015 partecipa ad alcuni ritiri spirituali organizzati dall’Ordine Taego in USA.

Nel 2016 riceve il diploma dall’IBS dopo aver terminato i due anni di studi ed aver superato tutti gli esami e la tesi finale.

Nel 2017 riceve i precetti del Bodhisattva presso l’Associazione Bodhidharma in Lerici.

Nel 2018 viene ordinato in Polonia Dharma Teacher dall’Ordine Taego-jong e riceve il nome di Dharma di Reverendo Hae Myong.

La mia pagina facebook

 

Nessun commento

Leave a reply

NaturaGiusta - Essere in Evoluzione
Logo