Quando l’Anima si unisce allo Spirito

Questo è il vero fondamento dell’alchimia: chi libera il proprio spirito dalle preoccupazioni e le distrazioni mondane, gradualmente e ogni giorno di più, percepisce le scintille dell’illuminazione divina.
L’anima, mossa da questo intento, si unisce allo spirito.
 
Gli alchimisti tentavano di operare tale collegamento perchè avvertivano con intensità che il mondo è malato e che tutta la realtà è corrotta.
Essi riconoscevano che l’anima aveva una sola possibilità di redenzione, e cioè quella di liberarsi per mezzo dello spirito dal suo naturale attaccamento al corpo, sebbene ciò non modificasse nè migliorasse in alcun modo le condizioni della vita fisica.
 
Era il microcosmo, vale a dire l’uomo interiore, a raggiungere la salvezza, e non il corpo corrotto.
Liberare l’anima dai vincoli del corpo comporta il ritiro delle proiezioni spontanee di cui ci siamo serviti per modellare la “realtà” che ci circonda e allo stesso tempo l’immagine del nostro carattere; giungiamo così da un lato alla conoscenza di noi stessi e dall’altro a una visione realistica e quasi disincantata del mondo esterno.
 
Strappare alla realtà i veli dell’illusione non è impresa che venga avvertita sempre come piacevole, ma piuttosto come penosa e perfino dolorosa.
Le illusioni non sarebbero così frequenti se non servissero a qualche scopo, in quanto talvolta coprono con una salutare oscurità un luogo penoso dove si spera che non arrivi mai a penetrare la luce.
La fase successiva era quella di riunire la dimensione spirituale con quella corporea.
 
Per descrivere questa operazione gli alchimisti si servivano di numerosi simboli, uno dei quali era quello delle “Nozze Chimiche” che si svolgevano nell’alambicco.
Dal punto di vista psicologico, le asserzioni relative alla “Pietra Filosofale”, descrivono l’archetipo del Sè.
Ma realizzare il Sè comporta la disfatta dell’Io; ogni operazione di questo tipo rappresenta una “morte”, perlomeno figurata.
 
Ciò spiega la violenta avversione che ciascuno prova nello smascherare le sue proiezioni e nel riconoscere, dunque, la natura della sua anima.
É necessario un grado non comune di superamento di sè stessi per mettere in discussione l’immagine fittizia della propria personalità.”
  
C.G. Jung, Mysterium Coniunctionis
 

 
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Arabella

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