I filosofi Sramana

Riprendiamo il nostro cammino verso un “Buddhismo senza illusioni” e riportiamo ancora le lancette del tempo indietro: siamo nel 600/700 prima della nascita di Cristo e in un’India pervasa di pratiche religiose e rituali basati sul Brahaman e su una interpretazione alquanto conservativa delle “Upanishad” di cui abbiamo parlato in un articolo precedente, si sviluppano, decennio dopo decennio, pratiche differenti.

In particolare nasce il movimento religioso e filosofico degli “Sramana”, maestri spirituali dediti molto meno a rituali e pratiche religiose tradizionali e più a pratiche ascetiche di yoga e a privazioni fisiche ovvero assecondando una visione della vita differente rispetto a quella dei Brahamini, più materialistica.

I sei principali filosofi Sramana inspirarono la filosofia del Giainismo, religione tutt’ora largamente praticata in India.

Ajita Kesakambala fu uno di questi: la sua predicazione era molto vicina ad un moderno edonismo e materialismo e si basava sui quattro elementi fondamentali dell’universo (fuoco, acqua, terra e aria) che considerava gli unici elementi, eterni e immortali.

Non predicava sul passato o sul futuro degli esseri viventi e considerava la vita materiale come fine a se stessa, esaltando il piacere fisico senza introdurre giudizi su cosa è buono e cosa è malvagio.

Un altro filosofo Sramana fu Sanjaya Velatthioputta tra i cui discepoli ritroviamo Sariputra e Moggallana che più tardi, nello loro vite, abbandonarono questo Sangha per rifugiarsi tra i primi 250 discepoli di Siddharta Gautama, il Buddha storico, divenendone tra i più importanti e famosi.

Makkhali fu un altro importante filosofo Sramana che amplio’ la considerazione e il numero di elementi base su cui l’intero universo si fonda: oltre ai primi quattro elencati da Ajita aggiunse: lo spazio vuoto, il guadagno, la perdita, la sofferenza, la gioia, la nascita, la morte, il vento.

E’ importante sottolineare come nella filosofia Sramnana non compare, almeno all’inizio, il concetto di Karma e di azioni umane buone o cattive che ne determinano la direzione nel cosiddetto Samsara, il mondo della vita visibile e materiale.

Un altro maestro Sramana, di nome Purana, riprese esattamente questa impostazione e,supportando un edonismo di base, nego’ il tradizionale potere dei fattori etici e morali che non considerava espressione divina bensì creazioni umane, così come il concetto di bello contrapposto al brutto.

Eravamo veramente molto distanti dalla concezione Brahamina e da un modo di intendere la religione peraltro simile al modo contemporaneo e moderno!

Pakudha fu un maestro Sramana che enfatizzò un’ulteriore elemento di base dell’universo e degli esseri viventi: il sé o ego.

Negò, in qualsiasi modo, una distinzione tra gli esseri umani, riportando le differenze superficiali agli elementi di base del “tutto”. L’ego, in definitiva, era un elemento illusorio.

Il più importante filosofo fu Nigantha, considerato il fondatore del Giainismo.
Basò i suoi insegnamenti su una visione dualistica dell’universo: Jiva e Ajiva.

Jiva era un essere o un elemento dotato di coscienza e consapevolezza: gli animali, gli esseri umani e vegetali, la terra, l’acqua, il fuoco, il vento.

Nei suoi insegnamenti compare il concetto di Karma e di sofferenza o meno negli esseri umani, sensazioni dovute alle proprie azioni rispettivamente “cattive” o “buone”, i cui riflessi erano, quindi, materiali.
Lo Giainismo indicava, comunque, una strada verso il superamento della sofferenza e aveva come obiettivo il raggiungimento di uno stadio vitale, eterno e scevro di sofferenza.
I “preti” suggerivano, quindi, stili di vita ascetici e privazioni fisiche che potessero “purificare” il Karma di ognuno di noi, con l’obiettivo di superare in maniera definitiva la sofferenza del momento presente.

All’inizio non fu concesso ai preti di indossare alcuna veste ma con il passare del tempo alcune sette jainiste concessero l’uso di vesti bianche,  il colore simbolo di purezza.

Ad eccezione di una visione estrema della vita, in termini di privazione materiale di beni e sensazioni fisiche, gli insegnamenti del Giainismo furono davvero molto simili a quelli del successivo Buddhismo.

Quello che più mi preme e di far capire in quale contesto storico la nostra religione o filosofia nacque e si sviluppò.
Lo Giainismo comunque non si sviluppo’ storicamente in tutto il mondo come l’Induismo o il Buddhismo: oggi permane solo in alcune aree dell’India.

Hae Myong

Hae Myong
Inizia a studiare da autodidatta il Taoismo cinese nel 2004 e presto si avvicina allo studio della cultura zen e buddhista.
Nel 2006 inizia a praticare presso l’Associazione “Bodhidharma” di Lerici del monaco buddhista Tae Hye Sunim, di ordinazione coreana e birmana, una sorta di pratica che accoglie aspetti della tradizione Theravada e della tradizione Mahayana del Buddhismo.

Per alcuni anni guida anche le pratiche del gruppo genovese di tale comunita’ religiosa presso i locali dell’Associazione “UnSoloCielo” in via San Lorenzo a Genova.

Nel 2009 riceve a Seoul dal monaco Tae Hye Sunim i cinque precetti Buddhisti e assume il nome di Dharma di Mu Mun.

Nel 2009 risiede per alcune settimane in Corea presso i principali templi dell’Ordine Jogye. Nel 2010 e 2012 visita alcuni templi in Thailandia.

Nel 2014 inizia a studiare presso l’Institute for Buddhist Studies USA (IBS) dell’Ordine coreano zen Taego-jong affiliato con Dong Bang College of Korea.

Nel 2015 partecipa ad alcuni ritiri spirituali organizzati dall’Ordine Taego in USA.

Nel 2016 riceve il diploma dall’IBS dopo aver terminato i due anni di studi ed aver superato tutti gli esami e la tesi finale.

Nel 2017 riceve i precetti del Bodhisattva presso l’Associazione Bodhidharma in Lerici.

Nel 2018 viene ordinato in Polonia Dharma Teacher dall’Ordine Taego-jong e riceve il nome di Dharma di Reverendo Hae Myong.

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