Amore è qualcuno che ti dà notizie di chi sei
Estratto dal libro: Il Ventre si fa Luce
Le giornate nella carovana erano lunghe, ci fermavamo per mangiare, riposare, dormire e per dare modo agli animali di ristorarsi. Il caldo del deserto bruciava come fuoco ardente nel cielo azzurro, modificando il panorama in un’infinita distesa di solitudine. La sabbia avvolgeva e si estendeva all’orizzonte come mare in movimento.
Le dune si ergevano alte formando colline ondulate per chilometri e chilometri.
Di notte il deserto si trasformava in un misterioso regno di stelle, dove la luna piena si ergeva alta illuminando la sabbia. Le montagne lontane, che prima erano infuocate, diventavano ombre grigie che si stagliavano nel cielo, come sentinelle di un mondo antico e selvaggio.
In questo scenario i cactus spinosi crescevano come spettri, e animali come dromedari attraversavano il deserto in cerca d’acqua, suscitando meraviglia e paura.
Quando camminavamo a piedi, venivo sopraffatta dalla bellezza sconfinata delle dune che cambiavano aspetto velocemente, come se un’anima vivacizzasse il paesaggio. Sentivo una profonda connessione con questa grandezza e percepivo il vasto mistero che abitava queste radure, il deserto aveva sua voce che chiamava dal profondo, aveva un cuore e un’anima.
Più passavano i giorni e più questo richiamo si rinvigoriva dentro di me. Uno spirito potente si manifestava sotto forma di voci che sussurravano nelle tempeste di sabbia.
Ogni tanto questa presenza si faceva notare nell’immensità e brillava nell’oscurità della notte, una melodia risuonava nella solitudine e più stavo a contatto con la sabbia più ne percepivo la potenza.
Lo spirito del deserto lo sentivo vivo, accompagnava questa sensazione di vulnerabilità che in alcuni momenti mi strappava il cuore dal dolore della perdita dei miei genitori, tra la città in fiamme e le mie sorelle che avevo lasciato alle spalle.
«Anna, mi stringi la mano? Vengo con te!»
Biba ed io eravamo diventate amiche, inventavamo giochi nella carovana, e quando camminavamo a piedi le raccontavo le storie che inventavo e le parlavo dello spirito del deserto.
Tutte e due ci affidavamo a questa forza selvaggia. Il volto della bambina splendeva al sole e il suo vestitino bianco e il mantello che la ricopriva spiccava in quei colori così caldi e dai toni ambrati, il vento ogni tanto le entrava nel copricapo tirando fuori piccoli ciuffetti di capelli ricci scuri.
Quell’ennesima giornata di cammino sembrava più lunga delle altre, aveva però un suono diverso; la sabbia sembrava agitarsi, i granelli si muovevano e creavano disegni misteriosi, le dune si spingevano a vicenda come se i venti fossero contrari.
Biba mi lasciò la mano e corse verso l’oasi, contenta come sempre di correre incontro a uno specchio d’acqua. All’improvviso, un urlo squarciò il silenzio, un uomo con gran velocità, agitando le braccia con il respiro affannoso e il viso disperato e ossessionato da qualcosa venne verso di noi:
«Non bevete quell’acqua! Non la bevete! È avvelenata!»
Tutti corremmo verso Biba, che crollò a terra, con gli occhi sbarrati e il respiro corto.
La mamma la prese tra le braccia e iniziò a disperarsi: «Biba svegliati! Svegliati!» gridava disperata rotta dal pianto e dal dolore, mentre teneva la piccola stretta fra le braccia, come se volesse proteggerla dalla morte. Il marito, la figlia più grande e Livio staccarono la madre dalla bambina, e l’uomo in ginocchio, disperato poiché non era riuscito a salvare la piccola, ci disse singhiozzando che l’acqua era stata avvelenata dai romani per motivi strategici: il loro obiettivo era uccidere tutti quelli che scappavano, un gesto crudele e disumano che stava causando la morte di molte persone innocenti.
Mi avvicinai a quel corpicino inerte, che fino a pochi minuti prima mi correva vicino giocando con il mio mantello e la strinsi forte al mio cuore.
Le lacrime mi rigavano le guance, sentivo il peso della perdita come un macigno sul petto, il dolore acuto e lancinante bruciava le viscere, anche la sabbia sembrava agitarsi e contorcersi.
Pregai con tutte le forze riversando in quel momento tutto il dolore non manifestato che mi logorava dentro, urlando contro il cielo e la crudeltà della gente. Improvvisamente le particelle di sabbia incominciarono a salire e si manifestò una tempesta di sabbia che fece allontanare tutti dall’oasi, la gente urlava, mi chiamava disperata, mentre si tiravano a vicenda per allontanarsi.
Non riuscivo ad alzarmi, una forza mi piegava e schiacciava su me stessa.
Stringevo la bambina, sentii un suono nell’orecchio, vidi degli occhi e piccoli granelli dorati arrivavano da ogni dove. Ci fu un alito, come un respiro di vita che si impossessò di me come un fiume che scorre verso il mare, mentre una luce brillante si levava creando un’atmosfera di pace.
Chiusi gli occhi, la luce divenne bianca e accecante. Ero incapace di contenere quella forza, la poca aria che riuscivo a respirare era piena di polvere, la terra divenne rovente, ebbi la sensazione di svanire.
La mia mente stava per spezzarsi, provavo il folle desiderio di urlare a squarcia gola, ma ogni tentativo di respiro mi spezzava il cuore, riuscivo a stringere quel corpicino al mio petto forte forte.
La voce fu così fioca e debole che non potetti credere di averla sentita per davvero.
Per un momento tutte le mie paure svanirono e mi morsi le labbra per non piangere:
«Biba! Per amore del cielo! Biba!»
Trovai la forza di urlare con il pianto rotto «Biba!»
Mi parve di aspettare un’eternità. Poi tutto accade d’un tratto.
L’aria divenne fredda e la sabbia sparì, risucchiata da sé stessa, il peso sparì, come se tutto non fosse mai accaduto.
Sentii delle voci, altri urlare al miracolo.
Delle mani forti mi afferrarono e sollevarono, piangevo, tossivo: «Anna, guardami! Anna, guardami, stai bene? Sei ferita? Hai dolore? Cosa è successo, Anna?»
Guardai Livio. «È stato terribile e potente, lo spirito del deserto ha riportato Biba, questo mi ha detto».
Carla Babudri
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Il Ventre si fa Luce
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Nel 2004 decide di studiare astrologia e ad approfondire argomenti spirituali indirizzandosi verso il Culto della Dea creando l’Arche – astrologia che la vede coinvolta in una ricerca di consapevolezza sempre più profonda, diventando cosi un counselor Astrologico, centrato sul mondo della Psicologia degli archetipi. Nel 2008 completa gli studi di Astrologia Karmica con il Maestro Karun, maestro italo/indiano di astrologia Indiana, astrologia tibetana. Nel 2009 incomincia la sua ricerca su Ofiuco e inizia il suo libro sul tredicesimo segno. Nel 2010 diventa operatore di Theta Healing; Nel 2010 intraprende i suoi studi nel mondo Tantrico/Taoistico, accedendo cosi ai sacri misteri del Sacro Femminile- Sacro Maschile Nel 2017 crea e fonda il “Tempio di Jada“, una visione nuova sul sacro femminile e sacro maschile, tutto ripreso dagli studi e dalla esperienza con il mondo taoistico/tantrico. Ha pubblicato due libri di poesie incentrate sul percorso di crescita individuale e la scoperta del sé. Amante della fotografia. Ha scritto articoli per la rivista L’iniziazione e per diversi blog. MAGGIORI INFO: www.storiadiunapoesia.it
Carla Babudri ha inizialmente studiato le Astrologiche Classiche e in seguito approfondito la corrente umanistica/psicologica integrando gli studi legati al Karma.
Conduce gruppi di meditazioni e visualizzazioni guidate verso il potenziale Femminile e armonizzazione con i cicli naturali di Madre Terra, seguendo la corrente filosofica della “Cammino della Dea”.