L’Unico Modo Possibile

La vita può scombinare un sacco di piani, anche tutti.
Può farci innamorare di una persona che non ci ama, può farci lasciare la scuola troppo presto, quando avremmo tante cose da imparare ancora, o farci stare sui libri troppo tempo, quando vorremmo solo sdraiarci su un prato e guardare il cielo.

E poi, come se non fosse mai sazia, farci partire quando non siamo pronte, quando la valigia è ancora aperta sul letto e mezza vuota, correre senza niente verso un luogo lontano e ignoto, forse freddo e umido, nebbioso.
Oppure non farci partire mai, e lasciarci ferme in un posto senza stazioni e senza autobus, a costruire zattere sgangherate che non galleggerebbero nemmeno sulle acque di un mare calmo.

Potremmo per questo finire sposate con qualcuno che forse non amiamo e non ameremo mai, solo perché la solitudine era troppo pesante e le spalle facevano male e il peso era troppo da portare.
Oppure potremmo lasciare tutto, anche pezzi di noi stesse, svestirci ad un ipotetico banco dei pegni per aver sicuro quell’amore, perché tutto il resto non ha importanza.
Ma la posta è alta e allora ci consegniamo totalmente, e la vita ci vende ogni certezza.

Facciamo promesse terribili, pur di accaparrarci un pezzo di senso. Il senso di essere vivi.
Sentiamo di dover meritare ogni giorno e ogni notte, come se la vita fosse una sfida per vedere chi è più forte, chi è più qualcosa.

E la vita, beffarda e stronza, gira la ruota e ci porta via ancora, ci fa rimanere ancora, ci fa innamorare ancora, ci rompe ancora, e invece noi vorremmo solo un po’ di pace.

Il mondo vortica impazzito o rimane fermo, mentre la vita ci frantuma e ci ricostruisce, finché… si smette.

E allora urliamo in silenzio il nostro “ok, fai quello che vuoi, io passo!”, ecco che il vento diventa una brezza, la ruota del mondo rallenta mentre un vecchio ingranaggio arrugginito riparte scricchiolando e facendo un gran rumore.
Ma non è più affar nostro, non ci importa più, che giri, che si fermi, che faccia un po’ quello che le pare, chi se ne frega!

Potremmo perdere tutto o avere tutto, ma l’unica cosa che non potremo mai perdere è la possibilità di conoscerci, di comprendere chi è quella donna, tornare al banco dei pegni e riprenderci, perché niente e nessuno ci può portare via. Che infuri la tempesta e che il ghiaccio blocchi le nostre gambe nello stagno, che faccia pure!, avremo sempre noi stesse, la nostra essenza, il nostro essere.

Ecco che conoscersi diventa l’unico modo possibile, il solo vento che vorremo ascoltare, l’unico libro che vorremo leggere e l’unico cielo che vorremo guardare.
Ma, soprattutto, l’unico amore che vorremo amare…

Enrica

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ENRICA ZERBIN, nata e cresciuta tra campagna, fiume e mare, dove ha scoperto la magia dei cicli lunari e appreso l’uso delle erbe medicamentose delle campagne, insieme agli antichi rituali legati alla Dea e agli elementi; eredità delle sue antenate.
Ricercatrice e studiosa di miti e leggende (con particolare interesse per l’antica saggezza nordica), della simbologia di varie culture, degli archetipi, del Sacro Femminile e della Grande Dea fino allo sciamanesimo.
Iniziata alle Rune tramite l’Elemento Acqua; aiuta con questo importante strumento a svolgere un profondo lavoro di lettura dell’ombra e delle memorie nascoste.

Nel dicembre del 2015 esordisce col suo primo romanzo, Tu Mi Hai Salvato La Vita, edito da Cinquemarzo: una storia sull’importanza degli avi e la saggezza degli anziani, dell’amore nato in circostanze impensabili e bizzarre sincronicità.
Nel 2019 esce il suo secondo libro, La Danza Del Seme Selvaggio, rocambolesco viaggio di due donne non più giovanissime che si trovano, loro malgrado, a dover stravolgere la loro vita e a lasciare la famigerata zona comfort.
Un iniziale dramma si trasforma, per Anthea e Miriam, in una straordinaria avventura tra i sentieri alpini, con la sola guida di una mappa disegnata da una misteriosa vecchia guaritrice.

Nelle sue opere al femminile, sottolinea l’importanza del viaggio, che sia mistico o fisico, per superare i limiti imposti da società e credenze sbagliate a cui la donna ha dovuto sottostare per secoli.

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