La storia del “Bianco Vecchio” e del Giovane Impaziente
Allora lasciami cercare dentro di me qualcosa che possa fare al caso tuo…
Ecco, trovato!
Ero vecchio, storto, con una lunga barba bianca.
Un temperamento molto mite e un’espressione assolutamente bonaria.
Da me venivano in tanti, tutti i giovani del paese. Dillo al Bianco Vecchio, lui ti risolverà tutto, ha sempre una risposta buona per ognuno.
Venne il giorno in cui si presentò alla mia vecchia porta un giovane molto energico il quale senza mezze parole mi indicò il suo problema affibbiando la responsabilità a tutto fuorché ad esso stesso.
Ricordo bene quei momenti.
Io gli presi la mano e lo condussi fuori da casa mia e lo portai nel giardino aperto alla pubblica via.
Questa portava dritta ad una fonte d’acqua.
Era la stagione del sole e quel giovane era visibilmente assetato, aveva fatto molta strada per giungere da me.
Così nel giardino, nell’indicargli la nostra prossima tappa alla fonte, gli allungai una foglia con sopra una goccia d’acqua.
Lui aveva molta sete, ma fece cadere la foglia ammonendomi nel non fargli credere che in quel modo l’avrei dissetato.
GIOVANE: “Portami alla fonte vecchio, voglio bere, non giocare a stupidi principi spirituali!”
Così lasciammo il giardino e sulla via raccogliendo un mezzo guscio di noce con dell’acqua piovana dentro, glielo porsi.
Ma il giovane lo gettò in aria infuriandosi per quello che per lui era un affronto da parte mia alla sua pazienza.
Io, ripreso il mio buon bastone, continuai con lui verso la fonte e nel trovare sulla via, una carovana incidentata, pregai il giovane di attendermi per sincerarmi che nessuno fosse ferito e bisognoso di ausilio.
GIOVANE: “Non lo vedi che sono mesi che questa carrozza è qui abbandonata!?
Forza portami alla fonte, comincio ad averne abbastanza di te, i miei confidenti devono essere pazzi a serbare fiducia in te, sei solo un vecchio pazzo visionario.”
Dentro la carrozza c’era un’ampolla spezzata con dell’acqua dentro.
Vieni giovane, non è molta, ma qualche sorso qui lo trovi.
Lui diede un calcio su ciò che ne rimaneva e riversandone il contenuto, mi afferrò per la giubba strattonandomi fuori da lì.
Le mie gambe non ressero quel brusco spintone e mi fecero cadere a terra.
Col viso nella polvere cominciai a tossire forte ed estrassi una piccola sacca in cuoio piena d’acqua per bere qualche sorso che ne rimaneva e liberare la gola dalla polvere, ma prima la offrii a lui.
L’ accettò ma me la rovesciò sul capo mentre ancora ero inginocchiato.
GIOVANE: “Ecco vecchio, possa un po’ d’acqua rinfrescarti le idee. Ora proseguiamo.”
Giunti alla fonte ci trovammo di fronte una cruenta battaglia tra casate e fummo costretti a ripiegare per non essere fatti oggetto di saccheggio o cose peggiori.
Il giovane mi guardò imputando a me la colpa di una simile situazione.
GIOVANE: “Tu vecchio pazzo, non sei forse tu il veggente!? Non avresti potuto prevedere che la fonte sarebbe stata per noi inaccessibile!? Lo dirò a tutti che sei solo un idiota! Che hai da dire a tua discolpa prima che ponga fine alla tua misera vita!?”
BIANCO VECCHIO: Tu, giovane prestante, tu non mi hai ascoltato. Io sapevo della fonte, ma tu hai insistito ad andarci.
GIOVANE: Vecchio malvagio, perché non mi hai detto che li non avrei potuto bere!?
BIANCO VECCHIO: “Perché il tragitto per la fonte era pronto a dissetarti.
Sai, hai rifiutato poco più di un litro d’acqua.
Ora non credere di aver sbagliato, giovane.
La foglia ha rilasciato la sua acqua per un passerotto, la noce ha ceduto la sua parte ad un fiore, all’ampolla che hai preso a calci hai permesso di irrigare un formicaio e quanto al mio “battesimo” beh, hai lavato la ferita che mi hai procurato urtandomi coi tuoi bracciali.
Ci sei stato molto utile e devo ringraziarti.
Lascia che io mi sdebiti, tieni questa foglia, bevine ciò che ti offre e seguimi.
Da questa parte, se la mia vecchia memoria non mi tradisce, dovrebbe esserci un fiume, potrai bere a volontà.
Ma prendi pure il mio bastone, questa volta la strada sarà più difficoltosa.”
Stefano Nieddu
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Stefano Nieddu
Nato a genova nel 1981, grazie al collegamento tra la propria conoscenza esteriore e la consapevolezza interiore, apprezza il mondo da una prospettiva più profonda e completa, nella quale l’invisibile diventa un terra dove avventurarsi per fare sempre nuove ed incredibili scoperte.
Da qui nasce un sincero desiderio di condivisione delle proprie esperienze, al fine di permettere a tutti coloro che lo desiderano davvero, di conoscere il proprio immenso potenziale latente.
Amo sognare, perché credo che la fantasia sia la madre della realtà.
Amo ascoltare, perché credo che i suoni fuori di noi siano l’eco di quelli interiori.
Amo condividere, perché credo che le dure conquiste
debbano diventare semplici doni.
Amo i più deboli, con il loro esempio urlano agli altri di essere diversi.
Amo il cambiamento, è ciò che mi riporta a casa.
Amo avere fede nell’impossibile, è così tutto diventa possibile.