Il Linguaggio dell’Antica Foresta è la stesso della Poesia
Oggi ho camminato nel Bosco.
Sono risalita su per una collina, composta in parte da terrazzamenti ed ulivi, in parte da boscaglia, rovi e graminacee secche.
Quando sono arrivata in cima c’era una vecchia casa di pietra abbandonata e diroccata, tutt’intorno ad essa un vecchio muro di cinta, anch’esso in pietra: al di là di questo si estendeva, illimitato, il Bosco selvaggio.
Sono salita sul muro tra i massi rotti e le piante che vi crescevano in mezzo e mi sono, letteralmente, buttata in questo fitto e oscuro mare d’alberi.
Nel Bosco, ho fatto un pensiero non armonioso – non preciso – sulla Foresta, e Lei subito mi ha agguantata con una liana spinosa.
Mi sono dunque fermata.
Mi sono sentita “richiamare” da un lato, un certo lato che già altre volte durante le mie passeggiate avevo sentito più potente, una direzione verso una zona di questi boschi in cui sento che lì lo Spirito più incontaminato della Foresta è meglio preservato, più selvatico, più vivo, più scuro, più forte.
Inoltre, esiste una forma di timore che è rispetto verso la natura, verso il selvaggio ed il selvatico; questo ho imparato dai vecchi pescatori del mio paese natio, i quali, pur conoscendo molto bene il mare, ne avevano rispetto e timore poiché imprevedibile.
Ho sentito che la Foresta in qualche modo comunicava con me: mi ha chiesto di Rallentare e sono entrata in uno stato più rallentato, di maggiore presenza nel corpo, i pensieri diradati. L’aria intorno più densa, come se la potessi fendere con le braccia, ma non una sensazione negativa, anzi, molto bella.
Ho proseguito più lenta, nel corpo, nel fuori, nella mente, ma anche più presente. Mi è arrivato che bisogna preservare l’incontaminato e che la Natura della Foresta preserva sé stessa, per quel che ancora può farlo, laddove noi umani non contaminiamo o distruggiamo l’incontaminato.
Ho quindi sentito: “Preserva e Distrugge“.
L’ho sentito, l’ho percepito: era completamente chiaro in me, era in me, era me.
L’ho sentito e compreso dentro e nell’aria più densa. Mi è stato fatto questo regalo che non credevo nemmeno di meritare.
Ah, dimenticavo: un regalo dato anche dal vento, da ogni singolo passo dato, da ogni ramo spezzato, dal sottobosco, dallo Spirito del luogo, dall’aria, dalle foglie cadute, dagli animali non visibili ma presenti, dalle spine e dalle liane che a volte mi afferrano quando non sono rispettosa, dalle pietre, dai suoni, dal muschio che pensavo di poter cogliere e non ho preso, dal buio, dalla luce che filtrava.
Irina Bosco Staiano
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Il Viaggio della Maddalena
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Irina Bosco Staiano Ha sempre avvertito, fin da bambina, un forte richiamo provenire dalla dimensione spirituale ed immaginativa che, crescendo, ha trovato la sua naturale via di espressione nella creatività artistica, sentita innanzitutto come una profonda necessità personale ed una un’autentica chiamata dell’anima. Immergendosi nelle profondità del suo mondo interiore è arrivata a “toccare” particolari stati di coscienza dai quali è iniziato a sgorgare un inarrestabile flusso poetico fortemente archetipico, visionario, evocativo e misterico. I suoi scritti alchemici della Nigredo, dell’Albedo e della Rubedo, riportano nell’oggi un processo di esplorazione e guarigione interiore antico e senza tempo.