Zinaida Giuppius e il femminismo in via di trasformazione (o estinzione)
Sembra il nome di una strega e, in effetti, strega lo è. O meglio, lo fu.Nacque a Belëv, nel 1869. Capace di trasformarsi dinanzi a me da ‘Madonna decadente’ a ‘Diavolo’; da ribelle ad ammiccante intrattenitrice di un tempo, da passato a presente: da donna a uomo e… viceversa.
Zinaida mi spiega ciò di cui sono sempre stata alla ricerca: il tema dell’androginia, della philosophia perennis, il rapporto donna-uomo fra parti esterne, il ruolo della donna e dell’uomo nelle loro parti più intime, interne ed eterne; l’alchimia che in ognuno di noi presenzia.
Siamo esseri completi ma le norme sociali ci insegnano ad essere una cosa o l’altra,
in base all’atteggiamento e in base a questioni meramente anatomiche.
Così comincia a raccontarmi della sua vita, delle sue opere letterarie e teatrali, delle sue gesta anticonvenzionali e irriverenti, anche e soprattutto dal punto di vista politico, di quella Russia bolscevica e autocratica che faticava ad accettare qualcosa di alieno e innovatore.
Destrutturare l’apparente semplicità della vita, scorporandola in qualcosa di più alto e complesso, per approdare all’unicità infinita ed eterna dell’esistenza.
Questo era il messaggio, chiaro.
La sua conflittualità e la sua lotta interiore verso la “perfezione” dell’essere e verso “l’impossibile”, pone la scrittrice non solo come poetessa simbolista ma come una delle filosofe più illuminate e uniche per quel tempo.
Racchiude tre suoi racconti, che in quella libreria ho potuto trovare nella vecchia edizione tascabile della Biblioteca del Vascello: “Gli Innamorati“, “La Bestia” e “L’Eterno Femminino” (racconto con titolo omonimo della raccolta).
Questo “femminino” non si riferisce puramente alla donna ma simboleggia il femminile come “accompagnatore delle anime dei defunti e veicolo, memoria eterna nel tempo: madre e morte.”
“Una pura palingenesi. Il femminino è traghettarore e, con l’eterno maschile, se uniti, “portano in alto” verso “l’essere umano”.
Tale tematica, Gippius la sviluppa per tutta la sua carriera letteraria.
Il suo aristocratico atteggiamento la condurrà a scontrarsi con la più ruvida e cruda realtà dell’Uomo, innamorato di lei, ma respinto dalla sua sincerità.
La chiamerà Bestia, perché le bestie non bevono, mentre l’uomo, con le sue debolezze e le sue necessità, deve sacrificarsi e dunque, per disperazione, ubriacarsi e uccidere la bestia dentro di lui: l’amore, la donna.
La Bestia, inoltre, non è altro che il grande senso di colpa caratteristico della Russia, con una certo eco dovstoeskjiana da cui la Gippius ne fu influenzata.
“L’Eterno Femminino“, ultimo racconto, narra dell’apertura mentale dell’uomo nei confronti della donna che lo abbandona e il finale sorprendente del racconto, spiega esattamente il conflitto-unione uomo/donna, maschile/femminile.
Inoltre, “madre Russia”, presenzia sempre. Anche laddove non si vede chiaramente, allude all’Unione, all’Amore, alla spiritualità, esattamente quanto alla politica e alla religione.
L’amore era Uno, ed era libero quanto conflittuale (ripudiandone tuttavia l’omosessualità, quanto la procreazione) ed era una continua ricerca della spiritualità nel suo totale anticlericalismo e anticonvenzione.
Zinaida era Antonio Krajnij, quando si calava nei panni del critico. Non solo fu poetessa ma critico letterario, autrice di teatro, di sei libri di racconti, di romanzi, delle sue memorie pietroburghesi.
Combattente nei confronti dell’autocrazia prima e del bolscevismo poi, nel 1919 fuggì in Polonia per poi raggiungere dopo poco Parigi, dove morì nel 1945, in totale abbandono e povertà. Venne anche in Italia, dove soggiornò a Roma, Firenze, Forlì e Venezia con il marito.
L’Italia si rivelerà importante per Merežkovskij, il quale si occupò a lungo della figura di Leonardo da Vinci per la realizzazione dell’opera “La Rinascita degli Déi : Leonardo Da Vinci.”
Dall’Europa, la Gippius affronterà anche il tema dell’emigrazione.
come l’Arte, non nella possessione di un oggetto;
non concepirebbero nemmeno il tradimento, ma nell’altruismo e nell’elevazione di essi
a sentimenti che oggi come oggi ci appaiono possibili solo in altri mondi.
Conscia del momento divisorio tra donne e uomini, in questa contemporaneità pseudo-moderna, ove questo aspetto di unione è stato superato dalla comparsa tecnologica, aggiunge:
in questa lotta conquisterebbero anche la propria e non la riceverebbero dagli uomini,
ma la otterrebbero al loro fianco”.
E scompare, in una nuvola di tabacco profumato…
Roberta
(Articolo pubblicato su “Il Roma“)
Roberta Gambaro Nata a Genova. Ho scritto articoli per Il Mattino di Puglia e Basilicata e per Il Roma.