Meditazione Vipassana – La Vacuità
Cari amiche/amici del blog, riprendiamo con questo articolo la dissertazione sul tipo di meditazione definita “di consapevolezza” o “di visione profonda“, in antica lingua indiana “Vipassana“.
Ne abbiamo affrontato due tipologie: quella basata sulle sensazioni e sul corpo e quella basata sugli stati della mente.
Adesso trattiamo la terza grande tipologia di meditazione Vipassana: quella basata sul vuoto.
Il concetto filosofico di “vuoto”, nella storia del Buddhismo, è prevalentemente adoperato tra gli studiosi e i praticanti della scuola Mahayana tra cui la scuola Chan (Zen) ha da sempre un ruolo importante.
La Vipassana, basata sulla vacuita’ o il vuoto, è quindi la tipologia di meditazione più vicina a quella Zen.
Non mi soffermo ulteriormente sugli stadi iniziali di questa pratica e vi rimando agli articoli scritti in precedenza.
Mi interessa invece parlare di cosa significa “meditare sul vuoto“.
Cosa e’ dunque il vuoto, in termini buddhisti?
Per rispondere a queste domande ritorniamo alla nostra pratica meditativa.
Dopo la fase di accesso entriamo in una dimensione non duale, ove non esiste un soggetto (il mio “io“) e un oggetto su cui concentrare l’attenzione e grazie a questa dimensione pratichiamo la “equanimita‘”, l’equidistanza dai fenomeni e dalle sensazioni che in genere definiamo positive e negative.
Nella Vipassana continua quindi a esserci una certa attività mentale, una forma di attenzione alla coscienza ma anche il mantenimento di una distanza dal contenuto di coscienza che chiamiamo “io“, il centro di pensieri e attenzioni personali, paure e ansie, desideri.
Dalla dimensione di equanimità, il praticante arriva al cuore della sessione di pratica, abbracciando il vuoto, il vuoto degli oggetti, il vuoto dei fenomeni.
Come ci arriva?
Attraverso l’esperienza dell’impermanenza di tutti fenomeni, ad esempio seguendo il suono di una campana, le cui onde sonore si dipanano nell’etere, sorgono, si sviluppano e scompaiono.
Oppure seguendo una sensazione del corpo, che nasce, si sviluppa e muore.
Il meditante “vive” il fenomeno senza aggiungere nulla del proprio “io”, come un osservatore attento e vigile.
I fenomeni sono vuoti proprio perché impermanenti e perché privi di ogni riferimento all’immaginazione e all’idealizzazione da parte del meditante.
Ecco, il primo segreto di approcciare la vacuita‘, in termini buddhisti, è proprio quello di abbandonare il nostro mondo di fantasie ed ideali per accettare la realtà nuda e cruda così come è, senza porre paletti e resistenze.
Come è difficile!
Proprio il modo di comunicare delle televisioni e dei media in generale, gli sviluppi delle strategie di marketing e pubblicitarie e delle industrie dello spettacolo ma anche il modo di comunicare dei social network ci spingono esattamente sul lato opposto.
Il secondo segreto di approccio alla vacuità e’ di sperimentare in questo tipo di meditazione Vipassana, il “qui ed ora” ovvero di vivere il presente e non il passato o il futuro, come spesso facciamo.
Non riusciamo spesso a stare in meditazione, in pace, per pochi minuti.
Resistiamo al silenzio, lo respingiamo.
Vogliamo il caos, il movimento, lo stimolo, il bello, senza fermarci mai.
Avvertiamo il “vuoto” dentro di noi ma non siamo in grado di esplorarlo, senza paura.
Abbiamo bisogno di droghe, di fuggire, di sogni e cosi alimentiamo quel “vuoto” che in realtà è un prodotto del nostro “io” e non il vuoto di cui stiamo parlando.
Meditare sul vuoto non prodotto dal nostro io, significa quindi, ritornare ad uno stato di quiete, calma, serenità, ma anche vivere il momento presente, il “qui ed ora“, senza proiezioni mentali sul passato o sul futuro.
La vacuità degli oggetti e quindi dei fenomeni e’ altresì connessa all’originazione interdipendente dei fenomeni stessi: ne abbiamo parlato in sintesi nell’articolo di novembre 2018 sulla catena e il Karma.
La vacuità buddhista, ci tengo a dirlo, e’ una via di mezzo tra le posizioni nichiliste e quelle eternaliste e non va intesa in senso metafisico: la forma e la non forma non sono contrapposte ma tra loro complementari.
Questa visione è tipicamente Zen e la approfondiremo a breve.
La meditazione Vipassana sul vuoto enfatizza invece, come abbiamo visto, gli aspetti di impermanenza dei fenomeni e dell’equanimità del praticante rispetto ad essi.
Hae Myong
Hae Myong Per alcuni anni guida anche le pratiche del gruppo genovese di tale comunita’ religiosa presso i locali dell’Associazione “UnSoloCielo” in via San Lorenzo a Genova. Nel 2009 riceve a Seoul dal monaco Tae Hye Sunim i cinque precetti Buddhisti e assume il nome di Dharma di Mu Mun. Nel 2009 risiede per alcune settimane in Corea presso i principali templi dell’Ordine Jogye. Nel 2010 e 2012 visita alcuni templi in Thailandia. Nel 2014 inizia a studiare presso l’Institute for Buddhist Studies USA (IBS) dell’Ordine coreano zen Taego-jong affiliato con Dong Bang College of Korea. Nel 2015 partecipa ad alcuni ritiri spirituali organizzati dall’Ordine Taego in USA. Nel 2016 riceve il diploma dall’IBS dopo aver terminato i due anni di studi ed aver superato tutti gli esami e la tesi finale. Nel 2017 riceve i precetti del Bodhisattva presso l’Associazione Bodhidharma in Lerici. Nel 2018 viene ordinato in Polonia Dharma Teacher dall’Ordine Taego-jong e riceve il nome di Dharma di Reverendo Hae Myong. La mia pagina facebook
Inizia a studiare da autodidatta il Taoismo cinese nel 2004 e presto si avvicina allo studio della cultura zen e buddhista.
Nel 2006 inizia a praticare presso l’Associazione “Bodhidharma” di Lerici del monaco buddhista Tae Hye Sunim, di ordinazione coreana e birmana, una sorta di pratica che accoglie aspetti della tradizione Theravada e della tradizione Mahayana del Buddhismo.